mercoledì 15 gennaio 2025

La grande vigliaccata


 

L’entrata in guerra dell’Italia non fu una sorpresa per nessuno, tuttavia provocò una spiacevole impressione, soprattutto nei paesi neutrali. L’attacco all’ormai agonizzante Francia fu un atto di vigliaccheria. 

Mentre Hitler telegrafava a Mussolini dicendo di essere profondamente commosso per la storica decisione italiana, il presidente americano Roosevelt, che aveva cercato fino all’ultimo momento di impedire l’intervento italiano, commentò così quella tragica decisione: "Oggi 10 giugno 1940, la mano che teneva il pugnale lo ha calato sulla schiena del vicino. Oggi inviamo al di là dei mari, a coloro che continuano con magnifico coraggio la lotta per la libertà, i nostri voti e le nostre preghiere". 

Nel paese in cui il governo fascista si accingeva ad aggredire, vivevano 800.000 italiani, impiegati nell’edilizia, nell’agricoltura nella metallurgia, nel commercio e tutti ostili alla guerra ma soprattutto affezionati al paese che li ospitava.

Nella notte tra il 12 e il 13 aerei italiani bombardarono Hieres, Saint-Raphael, Calvi, Biserta, Basti, Tolone e l'attacco alla più importante base navale della Francia.

Il giorno 15 Hitler comunica a Mussolini il rifiuto del concorso delle truppe italiane nelle operazioni tedesche in Francia. Mussolini si offende, si infuria e reagisce ordinando a Badoglio di attaccare la Francia dalle Alpi, ma non fa in tempo perchè Hitler lo informa dell'armistizio chiesto dalla Francia, fatto giungere dal governo spagnolo. 

 

lunedì 13 gennaio 2025

Alfred Naujocks, l'uomo che accese la miccia della II guerra mondiale


“La nonna è morta”, questa parola d’ordine, pronunciata alle ore 20:00 dal 31 agosto 1939 dal capo delle SD, Heydrick, diede il via alla seconda guerra mondiale. Tutto era cominciato alcune settimane prima quando Hitler, ormai deciso ad attaccare la Polonia, aveva incaricato il comandante delle S.S. Himmler, di organizzare un “incidente” capace di fornire all’esercito tedesco la scusa ufficiale per giustificare di fronte al mondo l’intervento armato in territorio polacco. Himmler ne parlò con Heydrich e questi si assunse personalmente il compito di preparare il piano che prevedesse l’assalto di finti soldati polacchi alla stazione radio tedesca di Gleiwitz, a pochi chilometri dal confine.

L’operazione venne preparata nel più assoluto segreto. Alcune decine di uomini, quasi tutti membri delle S.S. vennero inviate nella zona di Gleiwitz, muniti di armi e di divise in dotazione all’esercito polacco. Comandava il gruppo un giovane studente fuori corso di filosofia, di nome Alfred Helmut Naujocks, membro delle S.S. e collaboratore della Gestapo, la polizia segreta. 

Naujocks era un tipo spericolato, un avventuriero senza scrupoli, seguace fanatico della dottrina nazista. In seguito la Gestapo ricorrerà ancora a lui ogni volta che si avrà bisogno di creare “incidenti”. Infatti, Naujocks fu il protagonista delle provocazioni inscenate dai tedeschi nell’intento di giustificare davanti all’opinione pubblica le aggressioni contro il Belgio e l’Olanda.

Compito del commando nazista era di fingere un attacco alla stazione radio di Gleiwitz e quindi di leggere alla radio un messaggio in lingua polacca, ovviamente ostile nei confronti della Germania.

Chiusi nei loro nascondigli, gli uomini di Naujocks attesero a lungo l’ordine di muoversi che giunse alla fine della sera del 31 agosto con una telefonata personale dello stesso Heydrich.

L’esecuzione del piano si svolse senza incidenti. I finti soldati polacchi attaccarono con le armi in pugno la stazione radio e per rendere più realistica la loro azione, non esitarono a far fuoco sul personale, uccidendo alcuni cittadini tedeschi che in perfetta buona fede, avevano cercato di difendersi dai falsi polacchi.

Conquistata la stazione, gli assalitori lessero ai microfoni il messaggio precedentemente preparato e quindi si allontanarono fingendo di dirigersi verso il confine. Alcune ore dopo l’incidente le forze armate tedesche entravano in azione mentre Hitler da Berlino, poteva annunciare alla radio: “Questa notte truppe regolari polacche hanno aperto il fuoco sul nostro territorio. Dalle 4:45 di oggi le nostre forze armate sono passate al contrattacco”.
 

sabato 11 gennaio 2025

L'orribile destino dei gemelli di Auschwitz


 

All’arrivo dei convogli, i soldati entravano in mezzo alle file dei deportati appena scesi dai carri ferroviari per cercare gemelli e nani destinati a un terribile sacrificio. Le madri, ignare delle finalità di quella selezione, speravano in un trattamento privilegiato per i loro figli, così li consegnavano senza esitazione. 

I gemelli adulti, consci di presentare interesse dal punto di vista scientifico, si presentavano volontariamente nella speranza di usufruire qualche privilegio. E così andavano a morire in una delle baracche del campo di Auschwitz, il quartiere B1, per mano del dottor Mengele. In quella baracca, si verificava un avvenimento unico nel mondo e nella storia delle scienze mediche: si sperimentava la morte contemporanea dei gemelli, sottoponendo ad autopsia immediata i corpi. 

Per questo motivo, gemelli e i nani prima di passare per la “sperimentazione” ricevevano un trattamento speciale: un buon nutrimento e tenuti in buone condizioni igieniche. Tutto serviva per mantenerli nella forma migliore prima di farli morire. La morte non doveva essere influenzata da cause diverse da quella decisa dal medico. 

Subito dopo la morte dei poveri bambini, i piccoli corpi erano disponibili per la dissezione. I gemelli dovevano dissolvere il segreto della moltiplicazione della specie. Mengele doveva compiere un passo in avanti nelle ricerche per la moltiplicazione della razza superiore destinata a dominare il mondo. Si doveva arrivare al punto in cui ogni madre tedesca avrebbe potuto partorire quanto più gemelli possibili.

Il dottor Mengele, medico capo del campo di concentramento di Auschwitz, rimaneva per intere ore in mezzo a microscopi, provette e reperti provenienti dalla dissezione dei poveri corpi. 

Il suo camice macchiato di sangue, le mani insanguinate caratterizzavano una figura di un invasato a cui Adolf Hitler gli aveva dato un compito di straordinaria importanza per gloria per il terzo Reich.

venerdì 10 gennaio 2025

Tra scienza e leggenda

 

La mitologia è sempre stata una parte essenziale della cultura umana, offrendo spiegazioni per i fenomeni naturali molto prima dell'avvento della scienza moderna. Ma cosa succederebbe se questi antichi miti portassero con sé verità scientifiche nascoste? La ragione scientifica è inflessibile, ma utilizza strumenti sempre in via di perfezionamento per cui in questa debolezza si annidano i miti storici.

Miti vedici e astronomia

La mitologia vedica è molto antica, risalendo probabilmente al II millennio a.C., e presenta somiglianze con la ricostruita religione protoindoeuropea. I più antichi testi mitologici indiani sono i quattro Veda, che sarebbero stati rivelati e poi trasmessi per via orale prima di essere scritti in differenti epoche avanti Cristo. Questi testi sono all'origine dell'induismo.

Nell'antico testo indiano Rigveda, viene menzionato il concetto di "uovo cosmico", che rispecchia in modo sorprendente la teoria del Big Bang sull'origine dell'universo. Inoltre, il mito indù di Rahu e Ketu, due pianeti ombra, spiega le eclissi solari e lunari, un fenomeno successivamente confermato dall'astronomia moderna.

Miti greci e fenomeni naturali

Il mito greco di Helios, che trascina il Sole attraverso il cielo, sembra fantastico, ma riflette i primi tentativi di comprendere il movimento del Sole. Questo mito allude al modello eliocentrico dell'universo, che è stato poi sviluppato e dimostrato dalla scienza moderna.

Previsioni Maya e astronomia

I Maya erano noti per le loro precise previsioni delle eclissi solari, ottenute tramite strumenti semplici ma efficaci e osservazioni celesti. I loro miti spesso si intrecciavano con queste intuizioni astronomiche, mostrando una comprensione precoce del cosmo.

Miti indigeni dell'India e dell'ecologia

I miti indigeni indiani, come il concetto di "Panch Mahabhoot" (Terra, Acqua, Fuoco, Aria ed Etere), evidenziano l'interconnessione della natura. Questa antica idea risuona con le moderne teorie ecologiche e di sostenibilità, mostrando una comprensione precoce dell'equilibrio ambientale.

In conclusione, i miti antichi non sono semplici storie; sono depositi di conoscenza tramandata di generazione in generazione. Colmando il divario tra mitologia e scienza, otteniamo una comprensione e un apprezzamento più profondi per entrambi.

martedì 7 gennaio 2025

Cher Ami: il piccione eroico

Cher Ami: il piccione eroico

Il 28 giugno 1914, l'arciduca Francesco Ferdinando fu assassinato, spingendo l'Austria a invadere la Serbia. Fu l'inizio della Grande Guerra, oggi nota come Prima Guerra Mondiale. Fu uno dei conflitti più mortali della storia umana, con oltre 30 nazioni coinvolte e si stima che abbiano perso la vita fino a 40 milioni di persone.

Ma gli esseri umani non furono le uniche vittime della guerra. Circa 8 milioni di cavalli, muli e asini morirono nei quattro anni in cui infuriò la guerra, così come 8 milioni di altri animali, tra cui cani, cammelli e piccioni. Nella Prima Guerra Mondiale, la tecnologia era molto meno avanzata rispetto alla Seconda Guerra Mondiale. C'erano pochissimi missili, sottomarini o carri armati e le comunicazioni radio erano estremamente limitate. Di conseguenza, si faceva molto affidamento sui cavalli per il trasporto dell'artiglieria e per il trasporto dei messaggeri.

Tuttavia, la prima guerra mondiale fu combattuta intensamente nelle trincee, quindi inviare messaggi importanti via terra era un atto molto pericoloso. Non solo i messaggeri venivano regolarmente catturati e uccisi, ma i loro messaggi venivano intercettati dal nemico, spesso rivelando informazioni sensibili.

Per risolvere questo problema per le truppe britanniche in prima linea, c'era un animale domestico che svolgeva un ruolo importante nel far arrivare rapidamente le informazioni al quartier generale: i piccioni viaggiatori.

I registri storici mostrano che i piccioni viaggiatori sono stati utilizzati come messaggeri fin dall'antichità. Tuttavia, i meccanismi esatti alla base della loro straordinaria capacità di trovare la strada di casa rimangono poco chiari. Mentre la magnetorecezione, ovvero la capacità di rilevare i campi magnetici della Terra, probabilmente gioca un ruolo nel determinare la direzione, i piccioni si affidano anche alla loro vista acuta e alla loro memoria per riconoscere i punti di riferimento.

Sebbene non possano orientarsi in completa oscurità o in condizioni di scarsa visibilità, i piccioni viaggiatori offrono vantaggi significativi in ​​tempo di guerra. Sono facilmente trasportabili, richiedono un sostentamento minimo e possono viaggiare rapidamente, superando corridori, ciclisti e persino cavalieri. Durante i conflitti storici, i piccioni hanno svolto un ruolo cruciale come messaggeri. Questi corrieri piumati sono stati impiegati con successo sia su aerei che su navi. Tuttavia, il loro uso più comune nella prima guerra mondiale è stato da parte della British Expeditionary Force.

Il Carrier Pigeon Service, supervisionato dal Directorate of Army Signals, ha facilitato la comunicazione dalle trincee in prima linea o dalle unità in avanzamento.

Per garantire un'efficiente consegna dei messaggi, i piccioni venivano ospitati in celle fisse o mobili. Le celle fisse venivano talvolta installate in annessi, capannoni o persino sui tetti. Sul campo, vennero costruite tettoie di legno che fungevano da case per i piccioni. Una volta che i piccioni si erano abituati alla loro posizione di nidi mobili, questi potevano essere spostati in avanti o indietro a seconda delle necessità.

I piccioni rispettavano un regime rigoroso. Venivano nutriti solo una volta al giorno, mezz'ora prima del tramonto, e si astenevano dal cibo per almeno 24 ore dopo aver lasciato i nidi. Per ottimizzare la navigazione, i piccioni venivano liberati non meno di mezz'ora prima del tramonto, evitando condizioni di nebbia o al mattino presto. E per la massima segretezza, i messaggi sensibili venivano codificati, nel caso in cui il nemico li avesse intercettati.

Nel 1917, quando la Grande Guerra infuriava già da tre anni, la Germania decise di attaccare le navi mercantili statunitensi attorno alle isole britanniche. Ciò spinse gli Stati Uniti a entrare in guerra e tra i 4 milioni di soldati che inviarono c'era un giovane e brillante avvocato di nome Charles W. Whittlesey.

Nato a Florence, Wisconsin, Whittlesey si laureò alla Harvard Law School nel 1908, prima di entrare in uno studio legale a New York City. Esercitò la professione di avvocato per nove anni, ma con l'entrata degli americani nella prima guerra mondiale, Whittlesey decise di prendersi una pausa dalla professione e si arruolò nell'esercito degli Stati Uniti.

Fu nominato capitano del 308° reggimento di fanteria, 77° divisione, composto principalmente da uomini di New York. Furono inviati direttamente sul fronte occidentale e, nel giro di soli quattro mesi, Whittlesey fu promosso a maggiore. Nell'autunno del 1918, fu pianificato un attacco che avrebbe portato alla fine della guerra. L'offensiva della Mosa-Argonne avrebbe coinvolto oltre un milione di truppe e avrebbe preso parte all'intero fronte occidentale. Whittlesey fu messo a capo di un battaglione di 554 uomini e il 2 ottobre marciarono attraverso un burrone che sarebbe finito per diventare la loro prigione.

Le truppe di Whittlesey si ritrovarono isolate, le loro linee di rifornimento interrotte e sotto il fuoco implacabile dei tedeschi. I cecchini li circondarono, ondate su ondate di truppe tedesche attaccarono con granate a mano e lanciafiamme e iniziarono persino a cadere sotto il fuoco amico.

Le altre forze alleate non erano a conoscenza delle coordinate del battaglione e iniziarono a lanciare artiglieria su Whittlesea e i suoi uomini. Ma non c'erano solo uomini intrappolati nel burrone. Avevano portato con sé otto piccioni. E uno di quei piccioni era Cher Ami, il cui nome significa caro amico.

Whittlesea non aveva idea di quanto caro amico si sarebbe rivelato Cher Ami. Pochi mesi prima, il servizio piccioni della British Home Force aveva donato 600 piccioni viaggiatori allevati in Inghilterra all'esercito americano. A luglio, 60 furono inviati a Rampant, in Francia, per prepararli all'offensiva della Mosa-Argonne. Di quei 60 uccelli, 8 furono assegnati a Whittlesey e al suo battaglione.

Quando gli uomini finirono sotto il fuoco nemico e si resero conto di essere intrappolati, decisero di inviare il primo piccione. Lo inviarono con questo messaggio: “Molti feriti, non possiamo evacuare.” Ma non appena decollò, fu abbattuto dalle truppe tedesche.

Così ci riprovarono, questa volta con il messaggio: “Gli uomini stanno soffrendo. Si può inviare supporto?

Ma questo piccione incontrò la stessa sorte. Sette degli otto piccioni furono inviati con messaggi nei primi due giorni, ma tutti furono immediatamente colpiti e uccisi. Alla fine, si resero conto che almeno una parte del fuoco che stavano subendo proveniva dalla loro stessa parte. Era chiaro che i loro alleati non conoscevano le loro coordinate.

Così il 4 ottobre fu presa la decisione di inviare l'ultimo piccione, Cher Ami. Whittlesey era stufo e il suo ultimo messaggio mostrò la sua frustrazione. Scrisse: “Siamo lungo la strada parallela a 276.4. La nostra artiglieria sta lanciando un fuoco di sbarramento direttamente su di noi. Per l'amor del cielo, fermatela.”

Il messaggio era scritto su un foglio di carta, attaccato alla gamba destra di Cher Ami, che fu liberato in cielo. I soldati lo guardarono con ansia mentre si alzava in volo sopra la linea degli alberi. Ma mentre si alzava in volo, un proiettile lo colpì e cadde. La speranza sembrava perduta. Ma poi accadde un miracolo. Cher Ami si alzò di nuovo sopra la linea degli alberi, questa volta sfuggendo a ulteriori colpi e scomparendo alla vista. Ora, tutto ciò che Whittlesey e le sue truppe dovevano fare era aspettare.

Cher Ami volò per 25 miglia in 25 minuti, tornando al loft mobile in cui era stato addestrato a tornare molto velocemente, soprattutto per un uccello ferito. E le sue ferite erano gravi. Il proiettile lo aveva colpito al petto, accecato da un occhio e sostanzialmente amputato la sua gamba destra. Proprio la gamba che conteneva il messaggio che avrebbe dovuto consegnare. Ma per qualche miracolo, la sua gamba amputata si reggeva solo per un tendine e sull'arto penzolante c'era il messaggio salvavita inviato da Whittlesey.

Il fuoco amico cessò, ma ci vollero altri tre giorni alle forze alleate per salvare Whittlesey e i suoi uomini. Quando arrivarono, il battaglione aveva subito gravi perdite. Dei 554 uomini, 107 erano stati uccisi, 63 erano dispersi e 190 erano rimasti feriti. Solo 194 uomini riuscirono a uscire dal burrone da soli.

Indipendentemente da ciò, Cher Ami fu nominato eroe di guerra e la sua storia arrivò sui media internazionali. Dopo che i dottori curarono le sue ferite come meglio poterono, il governo francese gli conferì la Croix de Guerre con palma per le sue eroiche gesta in combattimento. Pochi mesi dopo, fu messo su una barca e mandato negli Stati Uniti, arrivando a Fort Monmouth, nel New Jersey, nell'aprile del 1919. Sfortunatamente, non si riprese mai completamente dalla ferita al petto e, di conseguenza, la sua salute peggiorò costantemente fino alla sua morte, avvenuta il 13 giugno di quell'anno.

Postumo, ricevette diversi premi e riconoscimenti, tra cui una medaglia d'oro dagli Organised Bodies of American Racing Pigeon Fanciers, una Animals in War and Peace Medal of Bravery e fu inserito nella Racing Pigeon Hall of Fame.

È stato esposto ininterrottamente dal 1921 e può ancora essere trovato nella mostra Price of Freedom del National Museum of American History.

È stato anche protagonista di libri, saggi, programmi televisivi e film.

Il suo corpo è stato donato allo Smithsonian Institution, dove è stato imbalsamato ed esposto.

lunedì 6 gennaio 2025

La bellezza del Tempio di Kom Ombo (Egitto)

Il Tempio di Kom Ombo è uno straordinario esempio di architettura egizia antica, rinomato per la sua duplice dedica unica a Sobek, il dio coccodrillo della fertilità, e Haroeris (Horus il Vecchio). Costruito durante la dinastia tolemaica (180 a.C.-47 a.C.), la disposizione simmetrica del tempio comprende cortili, sale e santuari specchiati, consentendo un culto equilibrato di entrambe le divinità. Questa simmetria riflette la devozione degli egiziani non solo per gli dei, ma anche per la straordinaria ingegnosità dei loro architetti.

È indescrivibile la profonda bellezza del tempio quando si visita sotto il cielo stellato; la scena che si presenta agli occhi del visitatore sembra magica sotto i riflessi in sfumature di viola. Si ha la sensazione di attribuire la sua creazione alla mano di un artista divino, facendo sì che l'intera esperienza sembri un dono sacro.

Kom Ombo rivela la raffinatezza intellettuale dell'antico Egitto. Sulle sue pareti si trovano iscrizioni che descrivono dettagliatamente non solo le pratiche religiose, ma anche la creazione di calendari, la divisione delle stagioni e persino ricette mediche, alcune delle quali sono ancora in uso oggi. Queste intuizioni ci collegano a una civiltà che ha fuso perfettamente lo spirituale con lo scientifico.

 

La storia del tempio è una storia di resilienza. Sebbene gran parte di esso sia stata danneggiata da inondazioni, terremoti e interventi umani, il suo spirito resiste. Il vicino Museo dei coccodrilli, che conserva coccodrilli mummificati e manufatti dedicati a Sobek, offre uno sguardo intrigante sul mondo spirituale degli antichi egizi.

Passeggiando per Kom Ombo, si sentivo la presenza dell'eternità. Le incisioni al chiaro di luna e le storie incise nella pietra riempiono di un profondo senso di soggezione.

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