“Noi”, aveva detto Mussolini al generale Messe subito dopo la notizia dell’attacco tedesco alla Russia, “non possiamo essere da meno degli slovacchi e dei rumeni che già combattono sul fronte orientale. Io devo essere al fianco del Fuhrer anche sul fronte russo come lui lo fa con me in Grecia”.
Organizzato in fretta e furia per ordine dal duce, il corpo di spedizione italiano in Russia (CSIR) è formato dalle divisioni Torino, Pasubio e Celere. Complessivamente si tratta di 50.000 uomini, 5000 automezzi, 4600 quadrupedi, e 80 aerei al comando del generale Messe, un pugliese di 58 anni.
I nostri soldati calzano scarpe di cuoio “autarchici”: con 72 chiodi, cadauno come da regolamento. Sono armati di fucili 91, gli stessi con i quali si era combattuto contro Menelik nel 1895. Gli automezzi sono in gran parte costituiti da autobus, requisiti alla società dei trasporti pubblici.
Per raggiungere il fronte il corpo di spedizione italiano deve affrontare un viaggio di 2300 km attraverso il Brennero Salisburgo Vienna, Budapest, TaraKoz, per poi concentrarsi a Borsa, l’ultima stazione ungherese al confine con la Romania.
Il CSIR parte allo sbaraglio in un’atmosfera garibaldina. Le tradotte cominciano a muoversi alla mezzanotte del 10 luglio 1941. C’è un incidente: una tradotta si spezza in due al Brennero, causando una quindicina di feriti di cui 3 gravi. Le truppe arrivano a scaglioni entro il 5 agosto nella zona di concentramento nella Moldavia rumena a nord ovest di Jassy.
Le difficoltà cominciano subito: la pioggia trasforma le strade in piste fangose, la fanteria e gli automezzi in movimento verso la zona di operazioni, si trovano di fronde ad ostacoli paurosi. La meta dell’avanzata, a piedi o sugli autocarri, è il fiume Dnestr, dove svolgere un’azione concomitante con l’XI corpo tedesco.
La divisione del Pasubio che ha ricevuto quasi tutti gli automezzi disponibili, si muove rapidamente, mentre la Torino e la celere sono in difficoltà.
L’11 agosto alcuni reparti della Pasubio prendono contatto con i russi i quali, dopo uno scambio di colpi, ripiegano oltre il Bug, in direzione di Jasnaia Poliana. Gli italiani fanno molti prigionieri e ricevono l’elogio particolare dal comando tedesco.
Il 27 luglio anche i reparti aerei vengono impegnati nel loro primo combattimento. Il CSIR completa il suo schieramento e viene posto a disposizione del terzo corpo corazzato germanico dal generale Kleist.
Superando problemi di rapido movimento che diventavano pazzeschi alla luce degli scarsi mezzi, le truppe italiane arrivano al Dnepr alla fine del mese.
Due giorni prima, a Uman, Mussolini si incontra con il Hitler e passa in rassegna una formazione di rappresentanza. In quell’occasione, il generale Messe espone con tono realistico a Mussolini la situazione: l’armamento scarso l’equipaggiamento insufficiente, il parco automezzi estremamente povero, scarsa disponibilità di carburante e pochi treni rifornimenti inviati dall’Italia. Il generale non nasconde le sue preoccupazioni per l’avvenire.
Il duce lo liquida con parole di circostanza. Come sempre occorreva arrangiarsi. Messe, tenendo conto delle sue esperienze in Albania in Grecia, si provvede allora di cavalli e di slitte e autorizza la Sussistenza ad acquistare, in Romania, notevoli quantitativi di equipaggiamenti invernali.
Iniziano i primi e veri combattimenti il 22 settembre e il CSIR per la prima volta tutto riunito si trova impegnato a Petrikovka. I russi oppongono una resistenza strenua, appoggiati dall’artiglieria e persino dell’aviazione.
La Torino attraversa, nella notte dal 26 al 27, il Dnepr su ponti di fortuna e riesce a raggiungere il terzo corpo germanico mentre la Celebre rastrella la zona tra questo fiume e l’Orel, un suo affluente.
In otto giorni di combattimenti ci sono 87 morti e 190 feriti e si catturano diverse migliaia di prigionieri.
Il 20 ottobre, gli italiani occupano Stalino: il primo obiettivo dell’assurda campagna militare in Russia.
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