Quanto fosse necessario un suo incontro a quattro occhi con Roosevelt, il Primo Ministro inglese Winston Churchill lo comprese in pieno all’indomani dell’attacco tedesco contro l’unione sovietica. Così propose a Roosvelt un incontro per il quale ebbe risposta positiva.
Si trattava però di stabilire il luogo dell’appuntamento : era fuori discussione che il presidente americano, capo di una nazione neutrale, si avventurasse in Europa per incontrare il Primo Ministro britannico in Inghilterra; pareva fuori luogo anche che il Primo Ministro inglese si recasse negli Stati Uniti nel momento come quello, poiché la visita avrebbe senz’altro assunto un significato inequivocabile per i tedeschi, i quali avevano già molte ragioni da eccepire sulla singolare neutralità americana.
Un compromesso venne rapidamente raggiunto: Churchill si sarebbe recato oltre Atlantico ed avrebbe ricevuto il presidente Roosevelt al largo delle coste canadesi: un appuntamento quasi a mezza strada.
La partenza del ministro britannico avvenne da Scafa Flow il 4 agosto del 41; la nave sulla quale si imbarcò era la “Prince of Wales”, la più moderna corazzata della flotta inglese. Scortata da uno stuolo di cacciatorpediniere, la Prince of Wales uscì in mare aperto la stessa sera. A bordo Churchill poté incontrare il consigliere del presidente americano Harry Hopkins.
Il viaggio era stato tenuto rigorosamente segreto sia in Inghilterra quanto in America, tuttavia poteva essere certo che un’indiscrezione sarebbe potuta arrivare alle orecchie del nemico. Si temeva specialmente che i tedeschi avessero saputo in qualche modo che la Prince of Wales aveva preso il mare e che avessero deciso di inviare al suo inseguimento una nave come la Tirpitz.
Durante il viaggio, ci si chiese se non se non convenisse forzare il più possibile l’andatura e quando fu concluso che per farlo sarebbe necessario farsi abbandonare dalla scorta, si preferì rinunciare alla scorta.
Perfino il viceministro Clement Attle, Lord del Sigillo Privato, che in assenza di Churchill presiedeva il governo, parve colto dal panico, quando gli fu prospettata l’eventualità che un deputato potesse chiedere notizie del Primo Ministro o della Prince of Wales. Forse già si parlava negli ambienti parlamentari dell’imminente incontro tra Churchill e Roosevelt?
Interpellato da Attle, il primo ministro rispose in tono rassicurante con un messaggio cifrato: “Non vedo cosa possa venire molto danno da una indiscrezione. Se venisse posto una domanda precisa alla camera, si dovrebbe pregare l’interrogante di ritirare l’interrogazione; qualora persistesse gli si dovrebbe rispondere, non posso occuparmi di voci incontrollate. Quanto alla Prince of Wales, temo che il nemico non sarà così fortunato”.
A parte le battute di spirito, il pericolo esisteva realmente. Per questa ragione presidente Roosevelt aveva preso la preoccupazione di mimetizzare il suo viaggio annunciando che si sarebbe concesso qualche giorno di riposo. Si era fatto vedere mentre saliva sulla Potomac lungo le coste dal Connecticut e aveva scherzato coi giornalisti annunciando che si sentiva in forma e certamente avrebbe fatto strage di pesci.
La sera del 4 agosto fu calato su una lancia e portato sull’Augusta mentre la Potomac aveva continuato la sua finta crociera, facendo vedere sul suo pennone più alto, l’insegna presidenziale che sventolava.
L’incrociatore Augusta, protetto da numerosa scorta, aveva fatto rotta nord e aveva gettato anche l’ancora al largo della baia di Placentia, a sud-est di Terranova.
All’alba del 9 agosto, era un sabato, emerse nella nebbia la Prince of Wales, Churchill che per gran parte della navigazione aveva rispettato il silenzio radio, odinò di telegrafare a Londra: “il Primo Ministro a suo maestà Re: mi permetto umilmente di informarvi di essere arrivato sano e salvo. Vedrò il presidente in mattinata.”
Le due navi si scambiarono i rituali segni di riconoscimento e i saluti tradizionali, mentre la corazzata inglese entrava nel largo ed impenetrabile cerchio di protezione stabilito dalle torpediniere americane di scorta. Espedite le formalità, Churchill con il suo seguito fu condotto a bordo dell’Augusta dove il presidente lo stava aspettando. Roosevelt vuole accoglierlo restando in piedi, sebbene costringesse Eliot a sorreggerlo. I due ministri si strinsero la mano, ascoltarono in silenzio gli inni nazionali, poi Roosevelt prese di nuovo il suo posto nella poltrona a rotelle a cui era incatenato per la Poliomielite. Churchill aiuto al sedere con amichevole differenza poi porse la lettera personale del re.
I due statisti furono guidati verso una sala per le riunioni e i colloqui ebbero subito inizio. Per prima cosa, Roosevelt sottolineò l’opportunità che i due paesi sottoscrissero un documento in cui si elencassero i principi irrinunciabili per i quali ritenevano opportuno battersi. Questo dichiarazione comune sarebbe stata comunicata al mondo insieme alla notizia dell’incontro.
Questa non poteva contenere nessun impegno suppletivo poiché Roosevelt non ne poteva assumere prima di aver ottenuto il mandato dal congresso. Tuttavia doveva contenere qualcosa di veramente concreto. Il presidente chiarì a Churchill il suo pensiero gli consegnò anche un promemoria perché se lo studiasse.
In definitiva, il presidente sembrava desiderare che la dichiarazione comune ricalcasse in un certo modo il messaggio che egli aveva presentato al congresso nel gennaio precedente, in occasione del discorso col quale aveva inaugurato la sua terza amministrazione. Churchill ne prese atto.
Tra i primi argomenti sui quali i due statisti si soffermarono, fu la situazione dei rapporti col Giappone. L’impero giapponese era alleato del terzo Reich e dell’Italia e i suoi orientamenti non portavano dubbi, anche se per il momento sembrava aver accuratamente cercato di restare estraneo al conflitto.
C’erano indizi che facevano temere che Tokyo stesse maturando decisioni degne della massima attenzione in quanto era salita al potere della fazione più dura dei militari ed era quindi prevedibile che la situazione precipitasse.
Per il momento, a Roosevelt premeva ottenere una dichiarazione che servisse da deterrente: gli Stati Uniti si sarebbero schierati a fianco dell’Inghilterra nel caso in cui fosse subentrato il conflitto con i giapponesi.
Gli americani scossero la testa: il presidente americano non aveva l’autorità per legare il paese ad un patto che di fatto avrebbe potuto portarlo automaticamente in guerra.
Un altro degli argomenti affrontati riguardava l’eventualità che Hitler procedesse con una delle sue consuete operazioni fulminee alla conquista della Spagna e del Portogallo. Tale eventualità preoccupava non poco la Gran Bretagna perché questa mossa avrebbe permesso a Hitler di occupare la base navale di Gibilterra che avrebbe dato ai tedeschi la possibilità di insidiare più efficacemente le rotte Atlantiche.
Questo era un altro argomento di interesse comune dal momento che i convogli che trasportava le merci americane in Inghilterra erano sempre più spesso protetti da unità navale degli Stati Uniti.
Il 10 agosto, era domenica, furono gli inglesi ospitare la delegazione americane a bordo della Prince Wales. Prima di cominciare i colloqui venne celebrato sul ponte della nave, intorno ad un altare da campo eretto sotto i possenti cannoni della cozza corazzata, un servizio religioso.
Le delegazioni conversarono sui temi più specificatamente militari all’insegna della franchezza. Si parlò degli aiuti che gli americani stavano concedendo agli inglesi su conto di “affitto e prestiti” non potevano essere pregiudicati dell’entità degli aiuti forniti all’unione sovietica. Si parlò anche della necessaria protezione dei convogli e si stabilì che gli americani avrebbero protetto in misura sempre maggiore l’attraversata dell’Atlantico mentre gli inglesi avrebbero dato in cambio, nei limiti del possibile, protezione lungo la rotta artica per i convogli destinati a raggiungere l’unione sovietica.
La discussione si fece più accesa quando si approfondì il tema della prospettiva strategica. Secondo gli inglesi si doveva puntare sul blocco economico dell’Europa Hitler fino a lasciarla priva di riferimenti esistenziali. A quel punto gli alleati sarebbero stati in grado di mettere insieme una flotta aerea imponente in grado di raggiungere le basi dislogate in punti strategici del continente: sarebbe cominciato in tal modo un’offensiva aerea fatta di incessanti bombardamenti. In virtù di tale supremazia, sarebbero stati sufficienti dei piccoli contingenti corazzati per liberare i vari paesi e nel contempo, l’Armata Rossa avrebbe premuto da Est per giungere alla definitiva resa del nemico.
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