mercoledì 26 marzo 2025

Il partigiano Duccio Galimberti

 

Duccio Galimberti, eroico comandante delle formazioni partigiane giustizia e libertà del Piemonte, venne ucciso dai fascisti 4 dicembre 1944.

Ecco come la figura del valoroso partigiano veniva illustrata su "Il Partigiano Alpino", un foglio clandestino della resistenza piemontese, uscito in edizione speciale, 15 dicembre del 1944. 

"I fascisti non hanno osato tradurre Duccio Galimberti dinanzi ai loro tribunali, poiché sapevano con certezza che di fronte alla loro ferocia e bassa criminalità, alla loro colpa tremenda nei confronti della nazione, egli da accusato sarebbe diventato accusatore.

Temevano i carnefici di acuire troppo, nell’attesa e nelle fasi di un pur sbrigativo processo, la tensione dello sdegno e della della emozione popolare, e perciò preferirono freddarlo simulando un tentativo di fuga, e abbandonandone il cadavere in aperta campagna. 

La figura di Lucio Galimberti è e resterà indissolubilmente legata alla storia gloriosa della lotta di liberazione nazionale, al cui centro egli si è posto come un uomo di partito e come combattente del corpo volontari della libertà. 

L’11 settembre 1943, sopra Valdieri, adopera di Duccio ed alcuni suoi compagni, era costituito quel primo modesto nucleo di combattente, dal quale dovevano in seguito sorgere le valorose e ben agguerrite divisioni cuneesi delle formazioni di "Giustizia e Libertà", che unitamente alle altre bande del luogo in imprimevano alla guerra partigiana nella provincia di Cuneo, un ritmo, un grado di intensità e di estensione tali da portare in breve la provincia stessa, alla testa dell’intero movimento piemontese di resistenza.

Duccio, con le armi in pugno, nella consapevolezza superba di riprendere e continuare la tradizione gloriosa della prima colonna di "G.L." in Spagna, partecipa a varie operazioni militari. Nel 1944, durante un rastrellamento tedesco in Valgrana, in un combattimento di retroguardia, riporta tre ferite; non abbandona tuttavia il suo posto di comando sino a che non ha messo i suoi uomini al sicuro, rivolge loro ancora parole incitamento ed entusiasmo dopodiché soltanto accondiscende di essere trasportato con i mezzi di fortuna in ospedale, dove sarà operato. 

Breve è tuttavia l’interruzione della sua attività, che egli ben presto riprende, chiamato ad assumere il comando regionale delle formazione "Giustizia e Libertà" e a far parte del comando piemontese del corpo volontari della libertà.

Conscio dei compiti di grande responsabilità affidategli, ricco di esperienza di guerra partigiana, dotato di volontà e di una capacità incomparabili di lavoro, profonde in questo le sue notevoli energie intellettuali, morali e fisiche. 

Fu degno di continuatore dell’opera iniziata da Paolo Braccini, che nel martirio lo aveva preceduto. 

Alle formazioni "Giustizia e Libertà" riuscì a dare un incremento notevolissimo e un compiuto organico inquadramento, ad affinare la sensibilità politica ed accrescerne lo spirito, la capacità di offfesa. 

Al movimento partigiano nel suo insieme diede instancabile apporto della sua iniziativa e della sua attività, adoperandosi al massimo perché fra le varie formazioni se raggiungesse una totale proficua e collaborazione nella comunità di sforzi ed intenti.

Va di lui ricordata, infine, l’iniziativa presa per stabilire contatti col movimento francese di resistenza nella regione di frontiera: contatti che furono e saranno fecondi di risultati non solo sotto l’aspetto della collaborazione militare, ma anche perché con essi sono state gettate le basi della nuova solidarietà, italo-francese nella lotta contro il nazifascismo e per la nuova Europa. 

Ducco Galimberti e resterà nel ricordo della sua opera, nel valore del suo esempio, vivo tra di noi, tra i compagni di partito e combattenti dell’esercito della liberazione. 

E dal sacrificio suo, come da quelli di tutti gli altri valorosi che sono caduti sul campo di battaglia, noi sapremo attingere energie necessarie per superare vittoriosamente le dure sanguinose prove che ancora ci incombono."

venerdì 21 marzo 2025

L’incontro di Churchill e Roosevelt a Terranova

 


Quanto fosse necessario un suo incontro a quattro occhi con Roosevelt, il Primo Ministro inglese Winston Churchill lo comprese in pieno all’indomani dell’attacco tedesco contro l’unione sovietica. Così propose a Roosvelt un incontro per il quale ebbe risposta positiva. 

Si trattava però di stabilire il luogo dell’appuntamento : era fuori discussione che il presidente americano, capo di una nazione neutrale, si avventurasse in Europa per incontrare il Primo Ministro britannico in Inghilterra; pareva fuori luogo anche che il Primo Ministro inglese si recasse negli Stati Uniti nel momento come quello, poiché la visita avrebbe senz’altro assunto un significato inequivocabile per i tedeschi, i quali avevano già molte ragioni da eccepire sulla singolare neutralità americana.

Un compromesso venne rapidamente raggiunto: Churchill si sarebbe recato oltre Atlantico ed avrebbe ricevuto il presidente Roosevelt al largo delle coste canadesi: un appuntamento quasi a mezza strada.

La partenza del ministro britannico avvenne da Scafa Flow il 4 agosto del 41; la nave sulla quale si imbarcò era la “Prince of Wales”, la più moderna corazzata della flotta inglese. Scortata da uno stuolo di cacciatorpediniere, la Prince of Wales uscì in mare aperto la stessa sera. A bordo Churchill poté incontrare il consigliere del presidente americano Harry Hopkins.

Il viaggio era stato tenuto rigorosamente segreto sia in Inghilterra quanto in America, tuttavia poteva essere certo che un’indiscrezione sarebbe potuta arrivare alle orecchie del nemico. Si temeva specialmente che i tedeschi avessero saputo in qualche modo che la Prince of Wales aveva preso il mare e che avessero deciso di inviare al suo inseguimento una nave come la Tirpitz.

Durante il viaggio, ci si chiese se non se non convenisse forzare il più possibile l’andatura e quando fu concluso che per farlo sarebbe necessario farsi abbandonare dalla scorta, si preferì rinunciare alla scorta.

Perfino il viceministro Clement Attle, Lord del Sigillo Privato, che in assenza di Churchill presiedeva il governo, parve colto dal panico, quando gli fu prospettata l’eventualità che un deputato potesse chiedere notizie del Primo Ministro o della Prince of Wales. Forse già si parlava negli ambienti parlamentari dell’imminente incontro tra Churchill e Roosevelt?

Interpellato da Attle, il primo ministro rispose in tono rassicurante con un messaggio cifrato: “Non vedo cosa possa venire molto danno da una indiscrezione. Se venisse posto una domanda precisa alla camera, si dovrebbe pregare l’interrogante di ritirare l’interrogazione; qualora persistesse gli si dovrebbe rispondere, non posso occuparmi di voci incontrollate. Quanto alla Prince of Wales, temo che il nemico non sarà così fortunato”.

A parte le battute di spirito, il pericolo esisteva realmente. Per questa ragione presidente Roosevelt aveva preso la preoccupazione di mimetizzare il suo viaggio annunciando che si sarebbe concesso qualche giorno di riposo. Si era fatto vedere mentre saliva sulla Potomac lungo le coste dal Connecticut e aveva scherzato coi giornalisti annunciando che si sentiva in forma e certamente avrebbe fatto strage di pesci.

La sera del 4 agosto fu calato su una lancia e portato sull’Augusta mentre la Potomac aveva continuato la sua finta crociera, facendo vedere sul suo pennone più alto, l’insegna presidenziale che sventolava.

L’incrociatore Augusta, protetto da numerosa scorta, aveva fatto rotta nord e aveva gettato anche l’ancora al largo della baia di Placentia, a sud-est di Terranova.

All’alba del 9 agosto, era un sabato, emerse nella nebbia la Prince of Wales, Churchill che per gran parte della navigazione aveva rispettato il silenzio radio, odinò di telegrafare a Londra: “il Primo Ministro a suo maestà Re: mi permetto umilmente di informarvi di essere arrivato sano e salvo. Vedrò il presidente in mattinata.

Le due navi si scambiarono i rituali segni di riconoscimento e i saluti tradizionali, mentre la corazzata inglese entrava nel largo ed impenetrabile cerchio di protezione stabilito dalle torpediniere americane di scorta. Espedite le formalità, Churchill con il suo seguito fu condotto a bordo dell’Augusta dove il presidente lo stava aspettando. Roosevelt vuole accoglierlo restando in piedi, sebbene costringesse Eliot a sorreggerlo. I due ministri si strinsero la mano, ascoltarono in silenzio gli inni nazionali, poi Roosevelt prese di nuovo il suo posto nella poltrona a rotelle a cui era incatenato per la Poliomielite. Churchill aiuto al sedere con amichevole differenza poi porse la lettera personale del re.

I due statisti furono guidati verso una sala per le riunioni e i colloqui ebbero subito inizio. Per prima cosa, Roosevelt sottolineò l’opportunità che i due paesi sottoscrissero un documento in cui si elencassero i principi irrinunciabili per i quali ritenevano opportuno battersi. Questo dichiarazione comune sarebbe stata comunicata al mondo insieme alla notizia dell’incontro.

Questa non poteva contenere nessun impegno suppletivo poiché Roosevelt non ne poteva assumere prima di aver ottenuto il mandato dal congresso. Tuttavia doveva contenere qualcosa di veramente concreto. Il presidente chiarì a Churchill il suo pensiero gli consegnò anche un promemoria perché se lo studiasse.

In definitiva, il presidente sembrava desiderare che la dichiarazione comune ricalcasse in un certo modo il messaggio che egli aveva presentato al congresso nel gennaio precedente, in occasione del discorso col quale aveva inaugurato la sua terza amministrazione. Churchill ne prese atto.

Tra i primi argomenti sui quali i due statisti si soffermarono, fu la situazione dei rapporti col Giappone. L’impero giapponese era alleato del terzo Reich e dell’Italia e i suoi orientamenti non portavano dubbi, anche se per il momento sembrava aver accuratamente cercato di restare estraneo al conflitto.

C’erano indizi che facevano temere che Tokyo stesse maturando decisioni degne della massima attenzione in quanto era salita al potere della fazione più dura dei militari ed era quindi prevedibile che la situazione precipitasse.

Per il momento, a Roosevelt premeva ottenere una dichiarazione che servisse da deterrente: gli Stati Uniti si sarebbero schierati a fianco dell’Inghilterra nel caso in cui fosse subentrato il conflitto con i giapponesi.

Gli americani scossero la testa: il presidente americano non aveva l’autorità per legare il paese ad un patto che di fatto avrebbe potuto portarlo automaticamente in guerra.

Un altro degli argomenti affrontati riguardava l’eventualità che Hitler procedesse con una delle sue consuete operazioni fulminee alla conquista della Spagna e del Portogallo. Tale eventualità preoccupava non poco la Gran Bretagna perché questa mossa avrebbe permesso a Hitler di occupare la base navale di Gibilterra che avrebbe dato ai tedeschi la possibilità di insidiare più efficacemente le rotte Atlantiche.

Questo era un altro argomento di interesse comune dal momento che i convogli che trasportava le merci americane in Inghilterra erano sempre più spesso protetti da unità navale degli Stati Uniti.

Il 10 agosto, era domenica, furono gli inglesi ospitare la delegazione americane a bordo della Prince Wales. Prima di cominciare i colloqui venne celebrato sul ponte della nave, intorno ad un altare da campo eretto sotto i possenti cannoni della cozza corazzata, un servizio religioso.

Le delegazioni conversarono sui temi più specificatamente militari all’insegna della franchezza. Si parlò degli aiuti che gli americani stavano concedendo agli inglesi su conto di “affitto e prestiti” non potevano essere pregiudicati dell’entità degli aiuti forniti all’unione sovietica. Si parlò anche della necessaria protezione dei convogli e si stabilì che gli americani avrebbero protetto in misura sempre maggiore l’attraversata dell’Atlantico mentre gli inglesi avrebbero dato in cambio, nei limiti del possibile, protezione lungo la rotta artica per i convogli destinati a raggiungere l’unione sovietica.

La discussione si fece più accesa quando si approfondì il tema della prospettiva strategica. Secondo gli inglesi si doveva puntare sul blocco economico dell’Europa Hitler fino a lasciarla priva di riferimenti esistenziali. A quel punto gli alleati sarebbero stati in grado di mettere insieme una flotta aerea imponente in grado di raggiungere le basi dislogate in punti strategici del continente: sarebbe cominciato in tal modo un’offensiva aerea fatta di incessanti bombardamenti. In virtù di tale supremazia, sarebbero stati sufficienti dei piccoli contingenti corazzati per liberare i vari paesi e nel contempo, l’Armata Rossa avrebbe premuto da Est per giungere alla definitiva resa del nemico.

lunedì 17 marzo 2025

L'assurda campagna militare in Russia



Noi”, aveva detto Mussolini al generale Messe subito dopo la notizia dell’attacco tedesco alla Russia, “non possiamo essere da meno degli slovacchi e dei rumeni che già combattono sul fronte orientale. Io devo essere al fianco del Fuhrer anche sul fronte russo come lui lo fa con me in Grecia”.

Organizzato in fretta e furia per ordine dal duce, il corpo di spedizione italiano in Russia (CSIR) è formato dalle divisioni Torino, Pasubio e Celere. Complessivamente si tratta di 50.000 uomini, 5000 automezzi, 4600 quadrupedi, e 80 aerei al comando del generale Messe, un pugliese di 58 anni.

I nostri soldati calzano scarpe di cuoio “autarchici”: con 72 chiodi, cadauno come da regolamento. Sono armati di fucili 91, gli stessi con i quali si era combattuto contro Menelik nel 1895. Gli automezzi sono in gran parte costituiti da autobus, requisiti alla società dei trasporti pubblici.

Per raggiungere il fronte il corpo di spedizione italiano deve affrontare un viaggio di 2300 km attraverso il Brennero Salisburgo Vienna, Budapest, TaraKoz, per poi concentrarsi a Borsa, l’ultima stazione ungherese al confine con la Romania.

Il CSIR parte allo sbaraglio in un’atmosfera garibaldina. Le tradotte cominciano a muoversi alla mezzanotte del 10 luglio 1941. C’è un incidente: una tradotta si spezza in due al Brennero, causando una quindicina di feriti di cui 3 gravi. Le truppe arrivano a scaglioni entro il 5 agosto nella zona di concentramento nella Moldavia rumena a nord ovest di Jassy.

Le difficoltà cominciano subito: la pioggia trasforma le strade in piste fangose, la fanteria e gli automezzi in movimento verso la zona di operazioni, si trovano di fronde ad ostacoli paurosi. La meta dell’avanzata, a piedi o sugli autocarri, è il fiume Dnestr, dove svolgere un’azione concomitante con l’XI corpo tedesco.

La divisione del Pasubio che ha ricevuto quasi tutti gli automezzi disponibili, si muove rapidamente, mentre la Torino e la celere sono in difficoltà.

L’11 agosto alcuni reparti della Pasubio prendono contatto con i russi i quali, dopo uno scambio di colpi, ripiegano oltre il Bug, in direzione di Jasnaia Poliana. Gli italiani fanno molti prigionieri e ricevono l’elogio particolare dal comando tedesco.

Il 27 luglio anche i reparti aerei vengono impegnati nel loro primo combattimento. Il CSIR completa il suo schieramento e viene posto a disposizione del terzo corpo corazzato germanico dal generale Kleist.

Superando problemi di rapido movimento che diventavano pazzeschi alla luce degli scarsi mezzi, le truppe italiane arrivano al Dnepr alla fine del mese.

Due giorni prima, a Uman, Mussolini si incontra con il Hitler e passa in rassegna una formazione di rappresentanza. In quell’occasione, il generale Messe espone con tono realistico a Mussolini la situazione: l’armamento scarso l’equipaggiamento insufficiente, il parco automezzi estremamente povero, scarsa disponibilità di carburante e pochi treni rifornimenti inviati dall’Italia. Il generale non nasconde le sue preoccupazioni per l’avvenire.

Il duce lo liquida con parole di circostanza. Come sempre occorreva arrangiarsi. Messe, tenendo conto delle sue esperienze in Albania in Grecia, si provvede allora di cavalli e di slitte e autorizza la Sussistenza ad acquistare, in Romania, notevoli quantitativi di equipaggiamenti invernali.

Iniziano i primi e veri combattimenti il 22 settembre e il CSIR per la prima volta tutto riunito si trova impegnato a Petrikovka. I russi oppongono una resistenza strenua, appoggiati dall’artiglieria e persino dell’aviazione.

La Torino attraversa, nella notte dal 26 al 27, il Dnepr su ponti di fortuna e riesce a raggiungere il terzo corpo germanico mentre la Celebre rastrella la zona tra questo fiume e l’Orel, un suo affluente.

In otto giorni di combattimenti ci sono 87 morti e 190 feriti e si catturano diverse migliaia di prigionieri.

Il 20 ottobre, gli italiani occupano Stalino: il primo obiettivo dell’assurda campagna militare in Russia.

venerdì 14 marzo 2025

Il treno speciale di Adolf Hitler

 

Adolf Hitler commissionò il Führersonderzug, il suo treno ufficiale, durante la seconda guerra mondiale per creare un centro di comando protetto e mobile che fungesse da quartier generale operativo basato sul treno e trasporto personale. Il Führersonderzug si sviluppò come un sistema di trasporto massiccio e segreto con precise caratteristiche ingegneristiche per difendere Hitler dai pericoli durante i suoi doveri di comando militare nei territori europei.

Sistemi di comunicazione avanzati e potenti difese fecero sì che il treno rappresentasse il potere autoritario nazista insieme al predominio tecnologico che illustrava le estreme lunghezze del controllo nazista durante la seconda guerra mondiale.

Quando il conflitto europeo si avvicinò alla fine degli anni '30, Adolf Hitler capì che le sue forze avevano bisogno di un quartier generale mobile protetto. Il progetto Führersonderzug fu avviato dalla sua prospettiva lungimirante mentre cercava un veicolo di trasporto che funzionasse sia come sua auto privata che come suo centro di comando operativo. La Deutsche Reichsbahn ricevette il contratto dal governo tedesco per realizzare questa visione ferroviaria per la nazione.

Il progetto di costruzione del treno iniziò nel 1937, quando le principali aziende tedesche Henschel & Sohn e Krauss-Maffei e Credé collaborarono al suo sviluppo. Le rinomate aziende unirono le forze per sviluppare un treno che avrebbe unito l'innovazione tecnologica alla funzionalità operativa. Un rinomato studio di design di Monaco scelse i principi minimalisti dell'Art Déco per dare forma all'interno del treno durante quel periodo storico.

Nell'agosto del 1939 il treno iniziò la sua fase operativa quando inizialmente ricevette il nome "Amerika". Il treno ricevette il suo nome direttamente da Hitler che intendeva celebrare l'espansione europea nelle Americhe. Il treno ricevette il suo nuovo nome "Brandenburg" dopo che la Germania dichiarò guerra agli Stati Uniti nel dicembre del 1941.

Il Führersonderzug operava con tra 10 e 16 carrozze in base a requisiti specifici durante le sue operazioni ferroviarie. Il treno raggiunse la sua massima estensione possibile quando misurava 430 metri con un peso di circa 1.200 tonnellate. Nonostante le sue grandi dimensioni, poteva raggiungere velocità comprese tra 80 e 120 chilometri orari per viaggiare velocemente su lunghe distanze.

In un'epoca in cui tali comodità erano scarse, le carrozze del treno contenevano caratteristiche contemporanee tra cui sistemi di riscaldamento e aria condizionata. La carrozza di Hitler conteneva un bagno in marmo che necessitava di rinforzo in cemento in cima a causa della sua natura pesante. Elementi di design integravano sistemi di comunicazione di prima classe insieme a difese antiaeree nel treno in modo che potesse funzionare sia come alloggio di lusso per Hitler e il suo staff sia come quartier generale di comando mobile.

Il Terzo Reich costruì il Führersonderzug per dimostrare la propria capacità di unire comfort di lusso a scopi di utilità militare. Hitler ottenne flessibilità operativa potendo guidare le operazioni militari al fronte rimanendo protetto in una base sicura e pienamente operativa. Il centro di comando mobile svolse un ruolo essenziale durante i primi anni della seconda guerra mondiale fino a quando il quartier generale permanente del Führer non divenne operativo.

Il convoglio superava i treni militari convenzionali con un'ingegneria specializzata che proteggeva la sicurezza di Hitler, facilitava i colloqui di alto livello e offriva comfort durante i suoi viaggi di occupazione europea. La costruzione del treno univa la protezione difensiva alla funzionalità del quartier generale per diventare uno dei treni da guerra più resistenti costruiti per scopi bellici.

La composizione di questo treno era composta da più carrozze perché ogni componente aveva il suo scopo specializzato. Il convoglio operava con due potenti locomotive che fornivano propulsione di riserva in caso di guasto meccanico.

Il treno trasportava veicoli blindati Flakwagen con cannoni antiaerei posizionati nella parte anteriore e posteriore per la difesa aerea. La Führerwagen fungeva da carrozza centrale del treno perché ospitava la carrozza di Hitler dotata sia di salotto che di camera da letto insieme a un bagno in marmo per fornirgli comfort anche mentre la guerra infuriava oltre il suo recinto metallico. Grazie alle sue capacità di comando integrate, il Befehlswagen istituì un centro operativo completo che consentiva a Hitler di impartire comandi a distanza dalle sue strutture, che includevano sale riunioni e infrastrutture di comunicazione avanzate.

Il treno aveva molteplici scopi, tra cui operazioni di sicurezza e di comando, e forniva viaggi efficienti tra località distanti. Numerose carrozze di supporto fornivano spazio per ufficiali, ospiti e personale di servizio che necessitavano di strutture per la ristorazione e uffici stampa, nonché di sistemazioni per dormire.

Il progetto del treno manteneva funzioni ininterrotte per svolgere la pianificazione strategica e la comunicazione, nonché compiti di gestione della propaganda. Hitler utilizzò il Führersonderzug come simbolo operativo che rappresentava la sua autorità, perché questa fortezza mobile gli consentiva di supervisionare le operazioni militari durante i viaggi in corso.

Il treno si stabilì a Mönichkirchen, in Austria, durante la campagna balcanica dell'aprile 1941 per gestire le attività militari mirate alla Jugoslavia e alla Grecia. L'impiego ha dimostrato come questo treno fornisse capacità essenziali per supervisionare direttamente le operazioni militari.

Il Führersonderzug funzionava come più di un veicolo delle forze armate poiché fungeva da importante piattaforma per gli scambi diplomatici. Hitler e il leader francese Maresciallo Philippe Pétain si incontrarono a Montoire-sur-le-Loir in Francia nell'ottobre 1940 quando tennero le loro discussioni a bordo del treno. Il regime di Vichy avviò la sua partnership di lavoro con la Germania nazista dopo l'incontro.

Una conferenza tra Adolf Hitler e il dittatore spagnolo Francisco Franco ebbe luogo sul treno a Hendaye vicino al confine franco-spagnolo per convincere la Spagna ad unirsi all'alleanza dell'Asse. Grazie al suo valore strategico, il treno servì oltre i normali compiti di trasporto perché svolse un ruolo essenziale nelle attività diplomatiche ufficiali per le relazioni estere della Germania nazista.

Il ruolo operativo del Führersonderzug cambiò quando la Germania iniziò a perdere battaglie durante la guerra. Hitler mantenne il Führersonderzug come suo sistema di trasporto sicuro, ma le sue capacità di funzionare come quartier generale mobile diminuirono. Il treno trasportava Hitler tra diversi centri di comando, tra cui sia la Tana del Lupo nella Prussia orientale che il Berghof in Baviera.

Il crollo del Terzo Reich divenne imminente, quindi il treno subì tentativi di distruzione per impedire alle forze nemiche di impossessarsene. Diverse carrozze del treno furono distrutte per scopi diversi e alcune parti originali esistono ancora nelle collezioni dei musei come prova delle operazioni militari segrete durante la seconda guerra mondiale.

La storia operativa del Führersonderzug dimostra come abbia soddisfatto vari obiettivi della Germania nazista in condizioni di guerra, dimostrando un controllo superiore e una forza militare durante il conflitto.

Il Führersonderzug divenne una questione di interesse militare durante le fasi finali della seconda guerra mondiale. Verso la fine di aprile del 1945, quando credeva che il Terzo Reich sarebbe caduto, Hitler ordinò al suo aiutante Julius Schaub di recarsi in Austria per distruggere il treno per impedire alle forze alleate di impossessarsene.

Gli ordini di distruzione del Führersonderzug di Hitler furono eseguiti solo in parte. Dopo la morte di Hitler, le SS distrussero la sua carrozza, ma altre sezioni del treno sfuggirono alla distruzione alla fine della Seconda guerra mondiale. Sia le forze britanniche che quelle americane utilizzarono i vagoni sopravvissuti dopo la Seconda guerra mondiale durante l'occupazione tedesca. Dopo il loro ritorno dal controllo anglo-americano durante gli anni '50, queste carrozze passarono sotto la proprietà tedesca.

Nei decenni successivi, i componenti del treno furono frammentati e ricollocati. I componenti del treno assolsero a due funzioni: un gruppo trovò nuove applicazioni e un altro gruppo fu conservato per la conservazione storica.

Il Führersonderzug è sopravvissuto alla Seconda guerra mondiale e frammenti delle sue reliquie attualmente espongono questo misterioso manufatto bellico in vari musei. Questi oggetti conservati commemorano sia i complessi eventi storici di questo periodo sia l'espansione delle infrastrutture del regime nazista in tutta la Germania.

Il processo di smantellamento del treno Führersonderzug simboleggiava il crollo dell'istituzione nazista durante il periodo in cui le forze alleate espandevano il loro territorio. Il passaggio dal suo stato iniziale di potente mezzo di trasporto alla sua attuale esistenza di manufatto storico ci consente di osservare il campo della storia e i suoi effetti in corso.

martedì 4 marzo 2025

L'incredulità di Stalin

ammiraglio Nikolaj Kuznetsov

Una conferma dell’assoluta impreparazione sovietica nel II conflitto mondiale, viene anche dalle memorie dell’ammiraglio Nikolaj Kuznetsov, pubblicate dalla rivista sovietica “Ottobre”.

Kuznetsov era allora ministro della marina scrive di essere stato lui, insieme ad altri ufficiali, a portare a Stalin le notizie pervenutegli attraverso il servizio segreto circa l’attacco tedesco fissato per il 21 giugno del 1941.

Stalin però respinse tali notizie, dichiarando che si trattava di evidenti provocazioni. Nella notte tra il 21 e il 22 giugno, mentre stava nel suo ufficio, Kuznetsov ricevette dal comando della flotta del Mar Nero la notizia che aerei tedeschi stavano attaccando Sebastopoli.

Di sua iniziativa, l’ammiraglio dette ordine di aprire il fuoco anche se in quel momento fra la Germania e Urss non esisteva lo stato di guerra. Quindi, telefonò al Cremlino e chiese di parlare con Stalin.

Il compagno Stalin non c’è.” Rispose un ufficiale di guardia.

Rintracciatolo subito!”, insistette Kuznetsov “Ho notizie della massima importanza che devo comunicare personalmente al compagno Stalin.

L’ufficiale rispose che non aveva modo di mettersi in contatto con Stalin e interruppe seccamente il contatto. L’ammiraglio chiamò ancora e questa volta investì l’ufficiale di guardia con queste agitate parole:

Lo volete capire che si tratta di una cosa importante! È scoppiata la guerra! I tedeschi stanno bombardando Sebastopoli!!!

Ma neppure questo drammatico appello raggiunse Stalin.

Freddamente ufficiale di guardia rispose che avrebbe informato “chi di dovere.”

Circa mezz’ora dopo, Kuznetsov si sentì di chiamare al telefono da Malenkov, allora considerato il numero due del Cremlino.

Con voce irritata, l’ammiraglio sovietico Malenkov riferisce: “Sei impazzito? Ti rendi conto di ciò che stai dicendo?

Per Kuznetsov non fu possibile convincerlo che c’era la guerra.

Nove ore più tardi, Stalin riconobbe che i tedeschi facevano sul serio, ma invece di prendere subito provvedimenti, lasciò il Cremlino e si rese irreperibile.

Solo dopo qualche giorno scomparve l’incertezza.

Stalin ritrovò la sua forma abituale e per il resto della guerra seppe comportarsi come un grande capo militare.

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