La profonda avversione di Adolf
Hitler nei confronti degli ebrei fu il risultato di una combinazione di fattori
storici, ideologici, personali e politici.
Dal punto di vista storico, le motivazioni affondano nel medioevo. Gli ebrei
furono spesso accusati ingiustamente di crimini come l'"omicidio
rituale" (blood libel) o di
essere responsabili della crocifissione di Gesù. Di conseguenza, furono
marginalizzati economicamente, costretti a vivere in ghetti e accusati di
usura.
Nel XIX secolo si aggiunsero le teorie razziali a creare una ulteriore discriminazione. L'ascesa del nazionalismo e del darwinismo sociale diffusero pseudo-teorie che classificavano gli ebrei come una "razza inferiore", contrapposta a quella "razza ariana".
Questa cattiva eredità storica influenzò la psicologia di Hitler. Egli, durante i suoi anni trascorsi a Vienna (1908-1913), fu esposto all'antisemitismo diffuso, incluso quello del sindaco Karl Lueger, che usava retorica antiebraica per ottenere consenso.
Altre motivazioni si fanno discendere dalla sconfitta della Prima Guerra
Mondiale della Germania: Hitler fece sua la "leggenda della pugnalata alla
schiena" (Dolchstoßlegende),
secondo cui la Germania aveva perso la guerra a causa di "traditori"
interni, spesso identificati con ebrei e comunisti.
Ad offuscare ancor di più l’immagine degli ebrei fu la propaganda che puntò
accuse infondate. Durante la Grande Depressione (anni '30), gli ebrei furono
accusati di controllare banche, media e commerci, diventando il bersaglio per
le difficoltà economiche tedesche.
Hitler usò l'odio verso gli ebrei per unire i tedeschi attorno a un nemico comune, distogliendo l'attenzione dai problemi reali e consolidando il potere nazista. Il dittatore credeva nella superiorità della "razza ariana" e vedeva gli ebrei come una minaccia biologica e culturale. Il suo obiettivo era creare uno stato etnicamente "puro" (concepto di *Lebensraum*).
No mancarono anche le teorie del complotto. Opere come “I Protocolli dei Savi
di Sion” (un falso documento che descriveva un presunto piano ebraico per il
dominio mondiale) alimentarono paranoie infondate.
Dalla discriminazione si passò al genocidio. Le Leggi di Norimberga (1935)
privarono gli ebrei dei diritti civili, isolandoli dalla società.
Come atto terminale, l'ossessione di Hitler culminò nell'Olocausto, lo sterminio sistematico di circa sei milioni di ebrei durante la Seconda Guerra Mondiale.
L'odio di Hitler non aveva basi razionali, ma era frutto di pregiudizi secolari, manipolazione politica e fanatismo ideologico. La sua retorica sfruttò paure e insicurezze, trasformandole in una macchina di propaganda e violenza che portò a uno dei crimini più atroci della storia. È cruciale ricordare che le sue teorie erano prive di fondamento scientifico o storico, ma ebbero conseguenze devastanti.
Commenti
Posta un commento